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Arti e Mestieri

sipario

Artisti e Artigiani della nostra terra...

È doveroso dare spazio e far conoscere meglio, ai nostri visitatori, tutti gli artisti e gli artigiani, che hanno dato e danno il loro prezioso contributo spesso distinguendosi fra gli altri con premi e riconoscimenti.

Teatro

"Teatro amatoriale dialettale" La storia del Gruppo Spontaneo Canepinese (in sigla G.S.C.) prende avvio nell'autunno del 1980 con i primi infruttuosi incontri in luoghi disparati e occasionali, più adatti a una conventicola di cospiratori che a novelli teatranti. La voglia di vivacizzare con qualche iniziativa il torpore della vita canepinese fu catalizzata da un canovaccio che riportava una vecchia storia. Fu all'inizio dell' 81 che si concretizzò quel nucleo da cui sarebbe nato il Gruppo, i cui elementi, incontrandosi sistematicamente, incominciarono ad ampliare e trasformare quell'iniziale traccia teatrale in un testo compiuto a cui si aggiunsero ulteriori battute durante la messa in scena. Era nata la commedia  Se ppè ccambà tocchè' morì, che successivamente fu arricchita da intermezzi musicali.

La sacrestia della chiesa di S. Pietro divenne il luogo del nostro febbrile e concitato lavoro, che vedeva man mano aumentare le adesioni. Alla fine del maggio dell' 81 rappresentavamo la commedia al cinema Italia di Canepina per tre volte, la partecipazione del pubblico fu tale che per l'ultimo spettacolo dovette intervenire una volante dei carabinieri per sedare la protesta delle persone che non avevano trovato posto. Nessuno di noi si aspettava un successo così clamoroso, per giorni in paese non si parlò d'altro.

La commedia approdò a Viterbo, al teatro TENDA e all'UNIONE, e anche nel capoluogo riuscimmo a strappare applausi e consensi lusinghieri. Ma all'euforia di quei giorni si contrappose, in seguito, un clima di incomprensione che portò il Gruppo a una inevitabile scissione che si consumò all'inizio dell' 82, dividendo purtroppo anche gli elementi portanti.  

Alla separazione segui una pausa dell'attività che per me divenne un momento di riflessione sulla prima esperienza e sul senso da dare al suo proseguimento. Avvertii  che era necessario abbandonare un certo stile di improvvisazione ed elaborare un progetto partendo dalla nostra realtà quotidiana, ma soprattutto passata. Pensai a testi teatrali che avessero come finalità il recupero della nostra identità culturale sociale, oltre alla salvaguardia del nostro dialetto con le sue peculiarità fonetiche ed espressive, evitando di cadere nel nero folclore, per tentare di approdare a un processo di ricostruzione storica. Mi resi conto che altri ingredienti essenziali potevano essere attinti anche dai racconti reali e dalle leggende che fanno parte della memoria collettiva del nostro paese. In questo senso sono debitore nei confronti degli anziani di Canepina, in particolare di mio padre e di elementi del Gruppo come Mario Corsi e Luigi Seralessandri. Le commedie sono, quindi legate a fatti e racconti, relativi a un mondo che affonda le radici nella vecchia civiltà contadina dove è presente una cultura naturale fatta di proverbi, superstizioni, religiosità e legata alla durezza di una vita fatta di miseria e di dolore.  

Frammenti di questa tradizione orale impressi nella mia memoria sono spesso affiorati, mescolandosi a elementi reali e a molti immaginari in processo creativo a volte immediato, a volte più lento e bisognoso di meditazione per approdare a storie compiute. Storie che ho elaborato con caratteristiche che le accomunano e fanno da filo conduttore. I titoli sono tutti ricavati da proverbi; nei dialoghi sono presenti termini ormai desueti, ma che in passato erano di uso comune; in tutti i testi domina un riferimento storico che spazia dalla fine dell' '800 fino agli anni del boom economico. Gli spettacoli sono tutti strutturati in tre atti, vivacizzati dall'esecuzione di brani musicali realizzati e curati da Pino Palazzolo, i cui testi e le cui musiche sottolineano i momenti salienti delle commedie.

Nella caratterizzazione di alcuni personaggi ho a volte, tenuto conto della personalità e della versatilità teatrale di coloro che l'avrebbero interpretati ( è possibile non tener conto della forza comica di Valter Palozzi e Tonino Foglietta e della calma misurata di Rosato Palozzi). La scenografia è stata il più delle volte pensata e realizzata come un solo ambiente, in modo da evitare macchinosi cambi di scena. Un mio schizzo scenografico, dell'ambiente da caratterizzare, permetteva al Gruppo di ricercare oggetti e mobili consoni all'epoca in cui la storia è situata. Per quanto riguarda i costumi, molti sono stati reperiti attraverso una ricerca collettiva, talvolta sono stati fatti realizzare da un sarto. L'allestimento degli spettacoli ha sempre richiesto un periodo piuttosto lungo. Le prove, effettuate in locali occasionali, sono state dedicate, in un primo momento, alla memorizzazione del testo, successivamente all'uso del corpo e del gesto, cercando tempi e ritmi giusti scena per scena, con un lavoro di regia che, tuttavia, lascia spazio alla interpretazione personale e alla introduzione di battute estemporanee. Questi incontri frequenti e intensi per impegno e fatica si sono rilevati occasione di divertimento, anche se in alcune circostanze la gestione del Gruppo non è risultata sempre facile e non sono mancati momenti di tensione. In questa lunga attività il gruppo ha collezionato consensi critici, attestati di plauso, lusinghieri articoli a firma di addetti ai lavori, ha partecipato a rassegne e concorsi, portando la nostra cultura e il nostro dialetto anche fuori Provincia, riscotendo sempre successo di pubblico. Ed è proprio il rapporto stabilito con il pubblico, che si è riconosciuto nelle vicende dei personaggi partecipandone i sentimenti e le emozioni, che ci ha maggiormente gratificato e ripagato del lavoro svolto. E al nostro pubblico, in particolare a quello Canepinese, che dedichiamo questa pubblicazione, convinti e orgogliosi di aver contribuito alla conversazione dell'immenso patrimonio culturale di questo nostro microcosmo.

Girolamo Pesciaroli

PREMI E RICONOSCIMENTI

  •  Lettera ufficiale d'encomio del Sindaco di Manciano (GR) Settembre 1986
  • Targa di benemerenza : Avis - Aido Provinciale di Viterbo 1984
  • Primo premio "Stanze con vista o prigione" Vallerano 1990
  • Targa di plauso Festa dell'Unità Vallerano 1991
  • Premio speciale I° PHERSU d'Argento Viterbo (Teatro San Leonardo) 1993
  • Festival Provinciale di Teatro Amatoriale Primi classificati al III° PHERSU d'Argento Viterbo (Teatro San Leonardo) 1997
  • Festival  Provinciale di Teatro Amatoriale Targa di plauso Comune di  Soriano nel Cimino 2002 "con la collaborazione della Comunità Montana dei Cimini"
  • Targa di plauso Comune di Soriano nel Cimino 2004 "con la collaborazione della Comunità Montana dei Cimini
  • Primi classificati al XI° PHERSU d'Argento Viterbo Bolsena 31 agosto 2005
  • Targa di plauso Comune di Soriano nel Cimino 2005 "con la collaborazione della Comunità Montana dei Cimini
  • Targa di plauso Comune di Soriano nel Cimino 2006 "con la collaborazione della Comunità Montana dei Cimini
  • Primi classificati al XI° PHERSU d'Argento Viterbo (Teatro San Leonardo) 2005

 

PER INFORMAZIONI

SITO UFFICIALE: www.gscanepinese.com  
Tel: 0761 750729  - 0761 750600
Email:  PLZVTR@libero.it 

Musica

CENTRO POLIVALENTE "FABRIZIO DE ANDRE"

Il centro polivalente "Fabrizio De Andrè", attivo dal 2000 a Canepina, rappresenta un importante punto di riferimento per la creatività musicale di tanti giovani del paese e non, che ne usufruiscono.

Grazie a questa importante struttura comunale, interamente gestita e coordinata dalla Pro-Loco di Canepina, molti gruppi emergenti possono usufruire di un centro musicale dotato di sala prove insonorizzata, dove a rotazione, hanno la possibilità di dare sfogo a tutta la loro creatività musicale.
Negli anni di attività del "Laboratorio musicale Fabrizio de Andrè" sono nati a Canepina oltre 10 gruppi emergenti, che man a mano hanno potuto realizzare il loro percorso musicale.

Scultura

MOMO

Momo (Girolamo) Pesciaroli nasce a Canepina il 21 aprile 1951. Laureato in Conservazione dei Beni Culturali, insegna presso la scuola secondaria di I grado di Vignanello promuovendo  e collaborando a varie iniziative didattiche e a laboratori tecnico-artistici rivolti ai ragazzi. Ha esposto i suoi lavori in numerosi concorsi d’arte regionali e nazionali  nonché in mostre collettive personali a Viterbo e nei luoghi più suggestivi della Tuscia.

L'artista raccontato da altri

la magia bianca di Momo

LA MAGIA BIANCA DI MOMO Di: Giorgio Capriotti Direttore del Laboratorio di Restauro di Viterbo

..l’assunto è che le sculture di Momo abbiano una preesistenza materia, una vicenda primordiale distinta dall’artefice. Sono ciottoli lavorati dall’erosione,arrivati da lontano e stondati da incessanti rotolii sui letti dei fiumi o lungo i canaloni; poi raccolti e scelti come reliquie e manipolati per secoli fino ad ottenere una levigatura sincera (sine-cera), brunendo le forme come i pellegrini fanno col piede di S. Pietro. Devotamente. Tiepidi al tocco, non sapresti se attribuire quel grado di calore a un residuo di temperatura tellurica o semplicemente allo sfregamento delle sue mani. Già perché è chiaro che , secondo me, lui lavora così, senza attrezzi e con tempi geologici, semplicemente manipolando fino a consumare le superfici, plasmando ciò che andrebbe scolpito, con l’istinto del vasaio di cavar fuori forme organiche da qualsiasi cosa. E da quel lavorìo operoso e “lucido” (anche nel senso di consapevole), emergono oggetti naturali, in accordo positivo con chi guarda. Sono nuclei plastici avvolti, su cui si incastonano volti,come nidi sui rami. Sono facce rituali, disposte in frontalità totèmica; maschere solari e lunari, arcani famigliari come le figure delle carte da gioco, asorte in imperturbabili stilizzazioni araldiche.

Simili a grossi amuleti benigni, le pietre di Momo hanno assunto un potere curativo che lenisce l’ anima ma forse anche i reni e le ossa, capaci senz’altro di produrre benefici irraggiamenti minerali. E non appaia irriverenza questa, semmai intima comprensione del valore apotropaico infuso alle pietre dalla chiropratica. Sarà dunque il caso di scomodare lo sciamanesimo per l’artista di Canepina? In un epoca in cui la pappa new-age continua  a ridurre l’antropologia culturale in kitsch, la ricerca di un’espressività originaria in paradossali modelli di consumo esotico di massa, mi piace invece riconoscere la dimensione domestica della sua ispirazione, istintivamente in debito verso le forme delle querce e dei sassi di Tuscia oltre che verso la lezione dei classici (Brancusi, Moore, Arp). Campione di quell’umanesimo popolare incarnato dalla figura dell’artefice arcaico, Momo conferma qui, ancora una volta, il suo rapporto privilegiato con la magia bianca della natura e delle cose.

ettore e andromaca

L’UNIVERSO E L’ETERNITA’ NELLE OPERE DI MOMO Di: Beniamino Mechelli

A volerle misurare sui parametri proposti dai critici, le opere di Momo Pesciaroli appaiono fuori dal tempo, quindi di tutti i tempi. Sempre attuali. Hanno i colori e i sapori dell’Apocalisse, sanno di pietra e di fuoco. Un compendio della creazione intesa come materia informe da cui trarre forme. Forme che, sebbene raffigurano nelle linee essenziali una donna o un uomo, un animale o un oggetto, rimandano continuamente al creato. Diventano lo specchio della condizione umana sempre inadeguata e insufficiente rispetto alla grandezza e al mistero dell’esistenza, della vita e della morte, della luce del buio. Insomma. Le sculture di Momo Pesciaroli rappresentano un viaggio non attorno all’uomo ma dentro L’uomo, nelle sue angosce, nelle sue paure. A volte nelle sue speranze. Ma non perdono mai di vista la provvisorietà e la precarietà dell’esistenza. L’eternità, quelle opere, come del resto la natura, l’attribuiscono a ciò che eterno, immutabile lo è davvero: l’universo, alternarsi del giorno e della notte, del Sole e della luna. La vita. Non la vita del singolo individuo ma il succedersi perpetuo di nascita e morte, luce e buio. Non è escluso, anzi è probabile, che l’indagare nella psiche delle sue figure, l’indugiare sugli aspetti interiori dell’uomo e il proiettarli verso l’incommensurabile, siano in qualche misura connaturali allo scultore. Che derivino da un vissuto saldamente radicato negli arcani substrati comuni alla gente di Tuscia: le lontane origini etrusche…. Forme archetipe e simboliche , volumi essenziali e avvolgenti in cui si inseriscono soli lune dal sorriso arcaico e misterioso; elementi che si contrappongono con la loro figuratività all’astrazione geometrica delle masse plastiche pulite e lineari. Gli elementi cosmici si intrecciano con figure umane modificandone la forma fino a trasformarle in divinità astratte, silenziose enigmatiche. Questo il più recente percorso artistico intrapreso dallo scultore Momo Pesciaroli. Una ricerca che lo ha portato, attraverso simboli appartenenti a un patrimonio figurativo ancestrale  comune a tutte le civiltà, ad aggiungere togliere, reinventare, intervenire con creatività e libertà a ottenere un risultato autonomo e inedito. Ciò che scaturisce da questa ricerca sono elementi catalizzanti di memorie storiche o personali che si presentano come frammenti di immagini note ma allo stesso tempo nuove. Un’azione, quella dell’artista, che tende alla ricerca delle forme come essenza delle cose.

sognando amore

LE SCULTURE DI MOMO SONO FORME DI VITA CHE CI AIUTANO AD ESSERE Di: Alessio Paternesi  

C’è una continuità tra passato e presente? C’è una continuità tra passato e presente nell’arte che dell’uomo è la religiosità, ciò che più lo avvicina a Dio? Se c’è, e per me c’è, ogni piccolo segno, conscio o inconscio che lasciamo è la prova del nostro essere, del nostro esistere. In ogni momento storico ci sono cose o situazioni in cui non ci riconosciamo, crisi della coscienza che ci portano a dubitare del nostro essere, a non ritrovarci in questa temporaneità, a non sentirci parte di altre parti. È questo il mio problema. Ma quando trovo una piccola o grande traccia di chi lentamente, con amore, con perseveranza, con umiltà persegue la ricerca della sua verità, i miei dubbi cadono e partecipo all’evento. Mi è capitato poche volte negli ultimi tempi. Mi è capitato con le sculture di Momo.

Ho visto Momo nei suoi primi lavori, con le sue incertezze; ho visto Momo adesso, maturo. Ho sentito le sue vibrazioni, ho sentito i suoni e le armonie delle sue sculture. Davanti a quelle forme ho dimenticato le ordinarie follie non creative del mondo d’oggi, contraddistinto da una patologica mancanza di creatività; ho dimenticato il tutto e il niente modaiolo, le momentanee elucubrazioni estetico-culturali, le illusorie glorie, la politica non politica della cultura. E Momo, schivo, curioso, sempre pronto a capire e conoscere è la mia sorpresa. Le sue pietre, sculture, hanno la maia dell’inconscio e la sapienza lenta e caparbia dell’artigiano. Guardate le sue sculture, poi chiudete gli occhi e seguite con le mani i passaggi, sentirete che sono forme di vita.  In questa nostra terra difficile, disperata, si conferma un artista, purtroppo per lui. Proteggiamolo,restiamo accanto a lui e al suo lavoro con l’affetto e a stima che merita. C’è nella sua opera il nostro passato e il nostro presente, la sua autenticità è positiva, la sua poesia ci aiuta ad essere.

Concorsi Rassegne e mostre

  •  1979   Premio d’arti figurative “Comunità Annunziata” Genzano (Roma): targa di segnalazione per l’ originalità dell’opera.      
  • 1984-1989    Espone al concorso culturale nazionale “ Città di Orte” ottenendo significativi riconoscimenti. In particolare 1° premio per la scultura nel 1987 e più volte  il 2° premio nella sezione grafica.       
  • 1987  Promuove e partecipa alla I rassegna di scultura “L’anima del legno” Canepina. 
  • 1988  Promuove e partecipa alla II rassegna di scultura “L’anima del legno” Canepina.
  • 1989  Mostra personale di scultura e grafica  Canepina.
  • 1990 Espone alla collettiva “Incontro di arti visive” di Monterosi. Partecipa anche all’edizione del 1991.
  • 1994  Mostra personale a Canepina inaugurata dal maestro Alessio Paternesi.
  • 1995 Partecipa  alla collettiva “Arte e pensiero” a Canepina. Espone a “ Palazzo Ridolfi” a Corchiano, dove allestisce un’altra mostra l’anno successivo.
  • 1996 Promuove e partecipa alla collettiva “I linguaggi dell’arte”, rassegna che si ripete ininterrottamente nell’ambito delle “Giornate della castagna”.
  •  1998 Una sua opera viene donata dalla comunità di Canepina al nuovo vescovo diocesano Lorenzo Chiarinelli. 1999  Mostra personale a Bomarzo.
  • 2000 Mostra personale a Blera. Nello stesso anno partecipa ad una mostra a Viterbo curata dall’Upte di Viterbo.
  • 2001  Espone a Nepi nella sala nobile del palazzo comunale.
  • 2002  Mostra personale a Viterbo nella sala “A. Anselmi”.

Bibliografia essenziale

“Controcampo culturale-Rivista d’arte e architettura”; “Grandangolo”; “Il Messaggero”; “Corriere di Viterbo”; “L’Alto Lazio”; “ Il Centro Italia”; “Campo de’ Fiori”. Presentazioni, recensioni e saggi critici.. Enrico Anselmi, Giorgio Capriotti, Augusto Carcereri, Massimo Cirioni, Aldo Forbice, Carlo Galeotti, Beniamino Mechelli, Elvira Maria Nesi , Alessio Paternesi, Giovanni Pernafelli, Nicola Piermartini, Carlo Maria Ponzi.

I mestieri di una volta

Ultima modifica: mercoledì, 20 dicembre 2023

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